Chi sono

2017

Mi occupo di fotografia documentaristica da oltre quindici anni.
Qui però non troverai una selezione dei miei lavori più rappresentativi ma solo gli appunti sparsi di un progetto che ha preso corpo da sè in modo inatteso e sul cui significato mi sto ancora interrogando.

Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto
(nella traduzione di N. Ginzburg)

Dopo la nascita di mia figlia e la morte di mio padre, è soprattutto il senso del tempo a interessare il mio sguardo e, attraverso la ricostruzione di un paesaggio d'infanzia, provo a tracciare una mappa dei luoghi in cui l’adulto sente di essere stato, ma a cui non sa tornare perché ha dimenticato la strada.

È una ricerca che si sviluppa insieme all'esperienza della maternità e che è diventata negli anni anche la cifra stilistica del mio raccontare una visione del mondo. Storie piccole e imperfette, senza forzature o rappresentate secondo una stereotipata idea di infanzia: che siano ambientate nell'intimità della casa oppure sotto un cielo carico di pioggia, ciò che conta per me è solo la leggerezza del gesto, il sostare nel mezzo, l’attimo che riesce a tradurre l’invisibile.

Prediligo il bianco e nero perché ha il potere di trascendere il vissuto quotidiano ed entrare in relazione con la dimensione muta e misteriosa della memoria. Non ho la pretesa di tradurre quell'indicibile, ma sulla soglia dei cinquant'anni ho iniziato a leggere Proust e finalmente posso lamentarmi con cognizione di causa del tempo che passa.